Filippo La Mantia a fine anno chiude il suo locale a Milano: «Mi sposto in uno spazio più piccolo, è un po’ come un trasloco». La colpa è del covid, e di tutto quello che ha tolto alla metropoli lombarda. «Il mio locale è pieno da maggio, ma l’affitto è troppo alto». Mancano all’appello eventi, cene aziendali e consulenze.
«Chiuderò, perché la situazione attuale non permette ad un ristorante così grande di sopravvivere. Cambierò location. È un po’ come fare un trasloco, vado ad abitare in un appartamento più piccolo». La domanda sorge spontanea: perché? Perché trasferirsi quando il proprio ristorante va a “gonfie vele” – se così si può dire in questo difficile periodo per la ristorazione tutta – dalla riapertura ad oggi? Filippo infatti non lascia spazio a dubbi: «Abbiamo lavorato tanto, da maggio fino a ieri, abbiamo sempre fatto tanti coperti». Ma questo non basta, non è il ristorante il problema.
In realtà La Mantia non basava il suo guadagno netto mensile esclusivamente sui coperti: «Eventi e manifestazioni, cene aziendali, consulenze». Dopo il covid, come sappiamo, questi comparti sono scomparsi (o si sono ridotti notevolmente). Eventi e manifestazioni sono stati tutti rinviati, alcuni a settembre (i più temerari), altri direttamente al 2021: «Tra moda e architettura qui a Milano facevamo una media di 80 eventi l’anno, li ho persi tutti»; anche le cene aziendali non trovano più posto nell’ordine del giorno di molte aziende. E le consulenze? «Si sono ridotte del 50% rispetto al periodo pre-coronavirus». Situazione non troppo diversa per show-cooking e simili. Tutto questo ha un impatto forte sul portafoglio della società dello chef, che se non si ridimensiona – come lui stesso ammette – «rischia di fallire».
Ecco allora le ragioni per le quali La Mantia vuole un locale diverso. «Fosse stato mio, questo ristorante, chiaramente avrei lottato di più per tenerlo aperto. Ma essendo in affitto, non vedo perché non guardare in faccia alla realtà e scegliere una soluzione diversa, più idonea a questo periodo di cambiamento». Uno spazio nuovo, semplicemente più piccolo, ancora non individuato: «Mi stanno arrivando molte proposte, inizierà a decidere da ottobre in poi». Non è stata una scelta facile, quella dello chef siciliano – milanese d’adozione: «In questo ristorante ci ho speso un sacco di soldi». Non è un accontentarsi per sopravvivere, anzi, «è una scelta di coraggio».
La situazione è ancora in evoluzione. Filippo terrà aperto il suo Oste e Cuoco fino al 31 dicembre. «Sarà la mia ultima serata. Sono tanti anni che i miei clienti più affezionati mi chiedono di organizzare una cena di capodanno. Quest’anno lo farò, e sarà l’ultima prima del trasferimento». Una piccola pausa a gennaio, serve per «smontare tutte le cose mie», tutto ciò che ha contraddistinto il locale di La Mantia. E poi la nuova avventura comincerà.
«Non sono né triste, né depresso. Anzi, sono contento. Il ristorante è sempre pieno, lo so, ma devo essere lucido, ormai ho 60 anni, devo avere la lungimiranza e il coraggio di cambiare, proprio come stanno facendo altri miei colleghi».