In cucina 19 cuochi, sulla carta ben 10 stelle Michelin, protagonista indiscusso il formaggio re della Valtellina: pochi ingredienti per una ricetta ormai tradizionale che anche quest’anno ha garantito il successo per la manifestazione organizzata da Plinio Vanini all’Agriturismo La Fiorida a Mantello (So).
Il Bitto e le Stelle, un’altro appuntamento per rendere omaggio al Re dei formaggi d’Alpeggio lombardi. Un altro numero è però da menzionare, forse ben più importante degli altri: 400, questi gli ospiti accorsi, i quali, con la loro presenza, hanno dato ragione e forza all’obiettivo di Plinio Vanini, titolare de La Fiorida, dare il giusto valore ad un’eccellenza come il Bitto Dop.
«Credo che il segreto che sta dietro al successo di un evento come questo – ha detto Plinio Vanini – sia un intrecciarsi di passione, cuore e capacità. Il merito è di quelle persone che credono nei tuoi stessi progetti e condividono le tue stesse idee. Una squadra di ragazzi fantastici da una parte, un gruppo numeroso di clienti fedeli dall’altra: tutti insieme contribuiscono a diffondere il valore di questo nostro grande formaggio, perché si possa continuare a produrlo per i prossimi 200 anni».
Chi c’era lo sa: un percorso cominciato dall’ingresso dell’agriturismo a Mantello, proseguito attraverso le produzioni, casearie e del salumificio, de La Fiorida e concluso nelle isole dei singoli cuochi. Un percorso questo che acquisisce un senso più generale quando si va oltre il Bitto, il suo gusto, la sua unicità, per guardare al lavoro di grandi cuochi che, riuniti per una sera, hanno voluto rendere omaggio all’impegno delle persone che ancora oggi mantengono vivi i riti della tradizione agroalimentare, concorrendo così alla salvaguardia, alla valorizzazione e al rilancio di culture e territori.«Quella del Bitto è una costruzione continua – ha commentato il titolare de La Fiorida – questo formaggio ha bisogno di tanti spazi, non a livello quantitativo, ma qualitativo, da intendersi come remunerazione per chi pratica questo tipo di agricoltura eroica».
Grandi cuochi, nomi di rilievo, stelle ben cucite sulle giacche, storie diverse accomunate dalla stessa passione. Un gruppo capeggiato, come sempre, dall’instancabile presidente Euro-Toques Italia e International Enrico Derflingher: «Un grande evento, una festa straordinaria. Ma soprattutto un’altra occasione per noi cuochi di adempiere alla nostra mission numero uno, raccontare le eccellenze spesso anche nascoste dei singoli territori. Il Bitto è certamente fra queste».
Insieme ad Enrico Derflingher, tanti chef ospiti che hanno contribuito a rendere magica la serata, portando la loro creatività in una sinfonia di incontri tra il “Bitto” e le eccellenze lombarde (e non solo). «Io credo – ha spiegato Plinio Vanini – che eventi come questi siano dei contributi da promuovere. Del resto, quali migliori ambasciatori degli chef stellati per un prodotto così straordinario come il Bitto Dop?». Ecco allora la stella Michelin, consigliere Euro-Toques e padrone di casa Gianni Tarabini (La Preséf – Mantello); la stellata Viviana Varese, recentemente sotto i riflettori per l’apertura di ViVa a Milano; la stella Michelin Alessandro Gilmozzi de El Molin a Cavalese (Tn), delegato regionale Euro-Toques per il Trentino.
L’ospite internazionale Vitor Matos, stella Michelin all’Antiqvvm di Porto; la stella milanese Tano Simonato in Valtellina direttamente dal suo ristorante Tano Passami l’Olio; il ritorno a casa di Franco Aliberti, prima spalla di Tarabini, ora executive ai Tre Cristi di Milano; gli amici da sempre della manifestazione Simone Bonini della Carapina di Firenze e Claudio Gatti della Pasticceria Tabiano.
I loro piatti, promotori del Bitto Dop, riportano alla mente il legame indissolubile tra quella capacità dei sapori valtellinesi e lombardi di creare una virtuosa e piena integrazione fra agricoltura e turismo e il ruolo che questi stessi sapori potranno avere in prospettiva nei “Giochi invernali Milano-Cortina 2026“. Un’altra occasione, un’altra vetrina sulla falsa riga di Expo, per parlare di filiera agroalimentare, di cultura enogastronomica, di territorio.
Tornando poi al Bitto, è la longevità che più di ogni altra cosa lo contraddistingue. Si dice abbia nel proprio nome una millenaria radice celtica. Prodotto esclusivamente in alpeggio durante l’estate, frutto del lavoro di pastori e casari che sapientemente uniscono e lavorano il latte di mucca e di capra, è capace di affascinare per l’evoluzione delle sue caratteristiche durante la stagionatura: dalle più giovani, marchiate a 70 giorni dal Consorzio di Tutela Ctcb, sino alle ultra-decennali, il clou de “il Bitto e le Stelle” rimane sempre il taglio delle forme e la loro degustazione.
Dopo averne apprezzato la versatilità e il carattere nelle declinazioni proposte dagli chef ospiti, un gran finale che riunisce sempre i convenuti attorno a sapori la cui radice affonda nell’agricoltura eroica alpina, rinnovandone il valore, che da generazioni parla di transumanze e mesi di vita spartana d’alpe.