In tempi di crisi energetica, si cerca di risparmiare in ogni modo. Così l’idea di spegnere il fuoco dopo aver buttato la pasta, rilanciata dal fisico Giorgio Parisi, ha acceso il dibattito. Abbiamo chiesto allora a Maurizio Urso, Daniel Canzian, Nicola Batavia e Gaetano Trovato cosa ne pensano e come, nella loro cucina, provino a risparmiare
Il tema sollevato in questi ultimi giorni dal Nobel della fisica Giorgio Parisi sulla cosiddetta “cottura passiva” della pasta, ovvero a fuoco spento, o bassissimo, ma rigorosamente con coperchio, per ridurre i consumi apre il dibattito tra gli chef. Il tema del caro bollette, infatti, è stato ampliamente dibattuto e la preoccupazione nel campo della ristorazione è in costante crescita, anche in vista di una stagione autunnale e invernale, che si preannuncia particolarmente calda dal punto di vista dei costi di energia elettrica e gas. Gli interrogativi a oggi sono molteplici, anche in vista delle elezioni e della formazione di un nuovo governo, da cui il settore si aspetta importanti risposte. Nel frattempo, però, ognuno cerca di proporre soluzioni valide, che possano anche essere condivise tra gli operatori, come è successo nel caso della proposta del Nobel Parisi.
A non tutti è piaciuta l’idea
La prima replica è arrivata dallo chef stellato Antonello Colonna dell’Antonello Colonna Resort & Spa di Labico (Roma), che ha subito bocciato la proposta di Parisi, dichiarando a Repubblica: “Credo che Parisi non sia un goliardico della cucina. Questa soluzione nei ristoranti di alto livello non può andare, perché se cotta così la pasta assume una texture gommosa. Me lo ricordo bene quando a casa dei miei genitori la bombola del gas si spegneva proprio mentre gli spaghetti erano in cottura. E quando accadeva erano guai, perché la consistenza del prodotto era ormai compromessa”. Lo chef Colonna ha, quindi, dato un suo consiglio, cioè quello di partire dalla cottura a freddo. Ma in cosa consiste? Come ha spiegato il cuoco, sempre a Repubblica: “Si prende una pentola, per ogni etto di pasta si mette un litro d’acqua, poi si mette sul fuoco. Man mano che l’acqua si scalda, con un mestolo si toglie”. Un’altra soluzione proposta dello chef stellato di fama internazionale per far fronte al caro bollette: è quella di passare alla brace.
Ci sono altre soluzioni da mettere in campo
Facendosi la questione particolarmente interessante e, allo stesso tempo, il tema del caro energia sempre più imminente e preoccupante, abbiamo chiesto l’opinione di alcuni chef, membri di Euro-Toques Italia, appartenenti a Nord, Centro e Sud Italia.
Il primo che abbiamo contattato è stato lo Maurizio Urso, executive chef del ristorante Datterino presso Scilla Maris Charming Suites a Noto (Sr) che ha dichiarato: «Ho letto gli articoli di attualità che trattano questa tematica e sono dell’avviso che non sia una novità che la pasta si possa cucinare a fuoco spento. Infatti è possibile portare l’acqua a 100 gradi e poi spegnere il fuoco e proseguire così la cottura, oppure mettere il fuoco al minimo. C’è sicuramente un risparmio, ma anche un allungamento dei tempi. Possiamo provare, quindi, a cucinare con queste modalità, ma a casa, non certamente in un ristorante».
Lo chef Urso ci ha anche parlato di altri possibili metodi per risparmiare: «La mia proposta non è sicuramente legata alla modalità di cottura della pasta, ma, ad esempio, facendo lavorare i forni a pieno carico e utilizzando poi il sistema di abbattimento. Nel senso che tutto ciò che abbiamo cotto sottovuoto, lo possiamo poi abbattere e tenere in cella sia positiva sia negativa. Oppure le cotture sottovuoto le possiamo fare con il roner oppure con il forno stesso a vapore controllato».
Risparmio, ma anche una questione di valori
A intervenire sulla tematica è stato anche Gaetano Trovato, che del Ristorante Arnolfo di Colle di Val D’Elsa (Si) che ci ha spiegato: «Noi utilizziamo la pasta fresca, che in un minuto cuoce. Rispetto ai tredici minuti della pasta tradizionale, con la pasta fresca abbiamo praticamente eliminato questo problema. Sempre in tema di risparmio, ma anche di valori della nostra famiglia, siamo intervenuti sul tema dello spreco, che per noi è un tema molto caro. Da sempre, infatti, proprio come tradiziona familiare, abbiamo il concetto di non sprecare assolutamente nulla, non tanto per un fattore puramente economico, per una questione soprattutto valoriale e di rispetto verso le materie prime e nei confronti delle persone che le producono, che sia il contadino, l’animale o l’allevatore. Il nostro nuovo ristorante è stato realizzato con cucine a induzione e con le varie fasi di logistica, abbiamo completamente eliminato lo spreco, non solo quello alimentare. Ciò che vogliamo sottolineare è un concetto di sostenibilità lavorativa giornaliera delle persone che lavorano e si impegnano, così da sprecare meno tempo e meno lavorazioni possibile».
Una questione più ampia su cui riflettere
Interessante, infine, anche la riflessione dello chef Daniel Canzian dell’omonimo ristorante di Milano che ha dichiarato: «Ho seguito in parte la questione da voi sottoposta, sicuramente i due minuti di cottura in meno sono efficaci, ma quello su cui vorrei fare riflettere il settore è una questione più ampia. Il caro energia ha sollevato un problema che per anni è rimasto in secondo piano nel nostro settore e con cui oggi dobbiamo fare realmente i conti. Il tema della gestione a carattere economico non può più essere tralasciata dagli chef, come succedeva per alcuni in passato , oggi non basta “solo” saper proporre un piatto, ma anche gestirlo in modo analitico e programmare la sua realizzazione. Per anni si sono inseguite tecniche come la cottura a bassa temperatura, che oggi forse sono da abbandonare perché molto costose oltre che non adatte ai meno esperti: tornare ai vecchi metodi di cottura, tramandati negli anni nelle migliori cucine, consente anche di saper gestire al meglio la materia e il piatto».
Parole d’ordine ottimizzazione
E, infine, ecco l’opinione di Nicola Batavia, chef del ristorante Birichin e del bistrot The Egg di Torino: «Quello che propone il Nobel Parisi si chiama cottura passiva e può essere fattibile magari su una tavolo da dieci persone, in cui c’è tempo e in tutta tranquillità. Noi abbiamo ristoranti dove si lavora alla carta, che si riempiono, e in cui arrivano le varie comande una in fila all’altra. Credo non sia la soluzione più adatta per realtà come la nostra. È un suggerimento e non posso criticare assolutamente. La cottura in questo modo, però, risulta un po’ diversa. La prima cosa che posso suggerire è di ottimizzare, cercare di analizzare con tutto lo staff dove si possa risparmiare e dove si possa, come ad esempio nel nostro ristorante in cui facciamo il pane, di unificare alcuni metodi. Tutto questo problema non deve andare a pesare sui clienti e sulle loro tasche. Purtroppo è una situazione che si dovrà risolvere in altro modo. Ciò che posso suggerire è una cottura riutilizzando, ad esempio, il barbecue con il carbone. Esistono dei macchinari che si utilizano con il carbone e le piastre roventi, oppure pietre focaie. Chi frigge, utilizza un po’ di corrente elettrica, però si possono usare anche friggitrici ad aria professionali. Però la prima parola è ottimizzare, con queste sfaccettature proposte».