di Vincenzo D’Antonio
Euro-Toques Italia: già nel nome la “vision” di questa associazione. Restìa ad un rimirarsi in spazio stretto di ambito domestico (per esso intendendo il nostro Belpaese), particolarmente sotto la guida dell’attuale presidente Enrico Derflingher, Euro-Toques vive ed accresce la competenza dei suoi associati, confrontandosi con le cucine di tutto il mondo, quelle europee in primo luogo. Con la consapevolezza che ristorare è produrre valore per come si compartecipa all’innalzamento del buon vivere, per come si innesca il volano di un turismo che è essenziale per il nostro Paese, per come si contribuisce a tenere alto il prestigio dell’Italia nel mondo.
E qui il presidente di Euro-Toques International e Italia ci palesa le sue opinioni, guarda allo scenario dell’oggi – ahinoi poco lieto – e scorge il domani, in esso intravedendo un orizzonte roseo per chi saprà ardire, per quanti sapranno rinnovarsi, per quanti, prima di tutto, vorranno continuare a lavorare nel segno della qualità.
VINCENZO: Caro presidente Derflingher, siamo in questi giorni nella fase in cui gran parte dei ristoranti sono ripartiti da circa un mese. Quali le differenze rimarchevoli, dopo questo mese circa di riapertura, tra un prima e un dopo Covid-19?
ENRICO: Tanti ristoranti hanno riaperto, ma non tutti. In Lombardia, soprattutto nelle città, stanno lavorando al 30% dei coperti. Stessa situazione non proprio lieta si verifica nelle isole e nelle città d’arte. È ancora un periodo difficile. Anche i grandi alberghi nelle città turistiche sono ancora chiusi.
V: E a fronte dell’assenza del turismo straniero, i ristoratori, soprattutto quelli più famosi, magari riscopriranno l’importanza della clientela di prossimità? Torneremo all’identità della trattoria di quartiere, del locale di vicinato?
E: L’assenza del turismo straniero è parte preponderante del problema. Sta ai ristoratori riscoprire la clientela di prossimità abituata alla trattoria che magari è anche propensa ad essere aiutata a riscoprire i nostri tesori dell’agroalimentare. Dobbiamo adoperarci affinché la clientela di prossimità, come tu l’hai definita, si renda conto dell’esistenza di tanti piccoli produttori che fanno qualità e che producono eccellenze che il mondo ci invidia. Alcuni ristoranti della Lombardia già stanno facendo così e stanno cominciando a lavorare bene durante i fine settimana ma purtroppo, va detto, non ancora durante la settimana.
V: Ce lo vedi quindi, caro presidente, un patto forte tra produttori? Intendo dire i produttori dell’agroalimentare, i produttori di vino ed i produttori di quell’elogio del mangiare bene che è dato dalla ristorazione di qualità che sprona il consumo consapevole del Made in Italy! Identifichiamo questa volta come produttori anche i ristoratori. Sì, produttori di quel wellness made in Italy che è unico al mondo.
E: Sicuramente sì, non solo lo vedo, ma lo spero, me lo auguro e lo auspico. Sarebbe la soluzione ai nostri problemi e alle nostre criticità. Speriamo che questa divenga un’alleanza strutturata tra piccoli produttori e ristoratori di qualità. La crisi ci ha logorato. Molti di noi sono senza lavoro, alcuni colleghi sono stati ricoverati in terapia intensiva, altri ancora non sanno ancora se riusciranno a riaprire ed in ogni caso la riapertura non sarebbe prima di settembre. Insomma, Vincenzo, la situazione è di una gravità da non sottovalutare.
V: Si parva licet, caro presidente, mi sia consentito citare il Pontefice che durante la Settimana Santa disse che da questa pandemia saremmo potuti uscire solo se tutti INSIEME. Ecco, è possibile oggi pensare ad una maggiore unità nel vostro settore, sarà possibile vedervi agire INSIEME?
E: Questa è una cosa che durante il lockdown siamo riusciti a fare con 31 associazioni. Ci siamo riuniti ed abbiamo creato #FareRete, non solo cuochi ma anche altri settori dell’Horeca. Abbiamo messo da parte personalismi e prerogative della singola associazione. Abbiamo preso esempio da qualche Paese all’estero. Ciò ci ha consentito di interloquire con il Governo. È stata la prima volta che ci siamo uniti, una gran bella cosa. Io spero ed auspico che questo anelito all’agire INSIEME perduri anche dopo questa fase del post Covid-19. Nei momenti del bisogno abbiamo agito insieme anche associazioni antagoniste.
V: Quindi sarebbe non del tutto velleitario pensare al fatto che potreste addivenire, voi associazioni, ad una sorta di “Federazione delle associazioni”?
E: #FareRete è stata un ottimo punto di partenza. In essa ci sono le associazioni dei pizzaioli, dei pasticcieri, gli Ambasciatori del gusto, per non parlare delle altre importanti associazioni dei cuochi. Sì, sarebbe auspicabile addivenire ad una Federazione. Dovremmo prendere esempio da altri Paesi, tipo la Francia e la Spagna, dove i nostri omologhi hanno agito in questo modo e hanno ottenuto maggiori risultati di rappresentanza e quindi maggior potere negoziale nelle interlocuzioni con le istituzioni.
V: Onde fugare incomprensioni, ti chiedo: Euro-Toques è associazione di patron di ristoranti, quindi assimilabile ad un’associazione datoriale, oppure è un’associazione di cuochi, quindi assimilabile ad un ordine professionale?
E: Associazione di cuochi, ci mettiamo la faccia nel vero senso della parola. Hai fatto caso che sulla nostra guida annuale ci sono le nostre foto, la nostra storia, un nostro piatto rappresentativo? In tutta Europa siamo circa 3mila. Il confronto con gli altri Paesi è importante per capire come comportarci. Io mi sento pressoché quotidianamente con i miei colleghi europei.
V: Torniamo al tema del tavolo di confronto con il Governo. In questi giorni di Stati Generali, Conte ha convocato Confcommercio e Confesercenti. Vi siete sentiti rappresentati a sufficienza da queste due confederazioni?
E: No, a malincuore ti devo dire di no, non ci siamo sentiti rappresentati a sufficienza. Abbiamo noi il polso dei nostri problemi che viviamo quotidianamente nei nostri locali. Sarebbe stato utile se fossimo stati invitati come #FareRete.
V: Quindi, duole dirlo, ma se la Federazione fosse già stata vigente probabilmente avreste acquisito spessore e autorevolezza per guadagnare il tavolo. Ad ogni modo, se me lo consenti, potrebbe essere stata una “lesson learned”! Vengo alla domanda: la cucina italiana ha bisogno costante di farsi conoscere all’estero e fare promozione. Pensi che ci si stia muovendo bene?
E: La cucina italiana è già ben conosciuta all’estero. Io lavoro all’estero e ti dico che soprattutto in Asia è la cucina più ricercata e più desiderata. Purtroppo il Covid-19 ha bloccato un po’ tutto. Ti ricordo che fino a 15 anni fa, la cucina dominante, la cucina di riferimento era quella francese e la cucina italiana era vista come la pizzeria e la trattoria. Oggi non è più così. Sulle basi delle nostre cucine regionali, così ricche e poliedriche, la cucina italiana ha conquistato il primato a livello mondiale. Certo si tratta di non demordere, di proseguire e noi di Euro-Toques siamo sempre in prima linea nel mondo a promuovere la nostra cucina e con essa, di pari passo, i nostri prodotti.
V: Presidente, in virtù della tua esperienza cosmopolita, tu che vivi il mondo e non solo il nostro Belpaese, che consiglio vuoi dare ai tuoi colleghi, soprattutto ai giovani, in questo momento così delicato in cui proviamo ad uscire dallo sgomento e dai danni terribili causati dalla pandemia?
E: Il consiglio che voglio dare soprattutto ai giovani è di non perdere l’entusiasmo, di continuare ad usare ed a promuovere soprattutto all’estero i nostri prodotti, i nostri grandi vini, i nostri grandi oli, le nostre eccellenze. Anzi, oggi più di prima. Essere uniti ed essere consapevoli che è dalle minacce che nascono le opportunità ed è dai momenti di debolezza che si rinasce rinvigoriti. Questa nostra forza non dobbiamo disperderla. Non a caso ce lo siamo già detti. Dobbiamo stare INSIEME! La ripresa verrà e noi saremo pronti con una marcia in più. Mettiamoci grinta e volontà.