Luca Marchini, cuoco de “L’Erba del Re”, una stella Michelin, è stato coinvolto dall’Usl di Modena in un innovativo progetto per sconfiggere i disturbi alimentari. I suoi piatti non sono stati assaggiati, ma sono serviti a stimolare olfatto, tatto e vista di sei ragazze in cura e per provare a riavvicinarle al cibo
di Gianluca Pirovano
Che la cucina non sia soltanto necessità è cosa nota ed evidente. La cucina è, solo citarne alcune, tradizione, emozione, condivisione, territorio. La cucina però può anche essere medicina o quanto meno contribuire in maniera attiva a sconfiggere la malattia e nello specifico i disturbi dell’alimentazione come anoressia e bulimia.
È il caso del progetto promosso in Emilia Romagna dall’Unità Sanitaria Locale di Modena insieme a Luca Marchini, cuoco membro di Euro-Toques e chef de “L’Erba del Re”, ristorante una stella Michelin nella città della Ghirlandina. Nei giorni scorsi Marchini ha dato vita a una cooking class speciale, rivolta a sei ragazze di età compresa tra i 14 e i 22 anni che stanno seguendo un percorso di cura nel Centro diurno per i Disturbi del comportamento alimentare di Modena.
La cucina lotta contro l’anoressia
Non si tratterebbe di certo del primo caso in cui la cucina e l’esempio dato dai cuochi stellati abbiano contribuito attivamente a salvare persone in lotta contro l’anoressia o in generale contro i disturbi alimentari. L’iniziativa modenese non ha però precedenti e nasce dalla volontà del Centro diurno di inserire, nel percorso di assistenza, anche un’esperienza di contatto e conoscenza del cibo attraverso l’esperienza, la passione e la creatività dello chef.
«L’idea di chiedere la collaborazione dello chef Luca Marchini nasce da un confronto tra me e la dottoressa Silvia Bellei, dietista che conduce il gruppo psiconutrizionale con l’obiettivo di uscire dalle mura dell’Ausl per far fare alle ragazze un’esperienza delle loro difficoltà nel contesto di vita reale – ha spiegato Roberta Covezzi responsabile del Centro per i disturbi del comportamento alimentare di Ausl Modena – Quando uno studente ci ha chiesto una collaborazione per una tesi di laurea abbiamo pensato di cogliere l’occasione per realizzare il percorso su cui stavamo già ragionando».
Lo stage rientra nelle attività del gruppo di psicoriabilitazione nutrizionale del Centro diurno in cui vengono condivise informazioni di educazione alimentare, esplorati sintomi e conseguenze del disturbo alimentare e affrontate tematiche relative a luoghi comuni e distorsioni sui temi dell’alimentazione e sarà inserito come appuntamento fisso all’interno del percorso di riabilitazione nutrizionale.
Parlare di cibo dove il cibo è tabu
«L’approccio non è stato sicuramente facile – ha raccontato Marchini – Io faccio il cuoco e sono abituato a fare preparazioni che poi verranno mangiate. Qui invece è tabu parlare di calorie ed è tabu ingerire qualsiasi forma di cibo».
Come fare allora? Lo chef ha pensato a una “cooking class” fuori dall’ordinario, sicuramente non un comune corso di cucina. Ad essere protagonisti sono stati infatti olfatto, vista e tatto, stimolati in modo da trasmettere emozioni e far percepire alle partecipanti tutto il potere comunicativo del cibo: non una lezione ai fornelli con successiva degustazione dei piatti preparati, bensì un percorso sensoriale basato sull’utilizzo di alcuni semplici prodotti da preparare in modo da renderne piacevole la fruizione.
«Quando si mangia un piatto non viene coinvolto soltanto il gusto – ha proseguito il cuoco – Il piatto si vede, lo si annusa e spesso lo si tocca. Vista, olfatto e tatto sono sempre presenti e arrivano prima del gusto. Ho pensato di partire da lì».
Profumi, consistenze e mani in pasta
La lezione si è quindi mossa alla scoperta di profumi, consistenze e colori. Marchini ha preparato alcune salse e ha poi messo le “mani in pasta”. «In situazioni come questa anche solo tornare a toccare il cibo è importante – ha evidenziato Marchini – Annusare le mani dopo che hanno lavorato la pasta. Sentire il profumo piacevole che resta. Per alcune ragazze questo ha riportato a galla ricordi di quando erano bambini, insieme alle nonne o alla mamma. Si tratta di un approccio al cibo delicato, uno sguardo differente verso nuove visioni di quello che il cibo rappresenta e trasmette, da parte di coloro che riescono ad approcciarlo con fatica e difficoltà».
Uno strumento di cura
Gestire l’emozione e muoversi con la giusta delicatezza non è stato facile. «Ho una figlia di 16 anni – ha spiegato Marchini – Non soffre di queste problematiche, ma mi ha aiutato a capire come approcciarmi. Perché non dialogare con le ragazze come fossero mia figlia? Stesse emozioni, pensieri e modi di fare».
Come detto, l’iniziativa diventerà un appuntamento fisso all’interno del percorso di cura. «Serve avere sensibilità e andare oltre alla propria materia – ha concluso lo chef – Per un cuoco è l’occasione di scrivere una piccola parte di una storia più importante. Siamo strumenti che possono aiutare tutte quelle persone più esperte di noi che ogni giorno si impegnano in questa lotta».