La vita a Milano prova a tornare normale. Dalla rettifica dell’ordinanza di chiusura dei locali dopo le 18, pare che l’intenzione sia quella di ripristinare le abitudini quotidiane. Ma i casi di coronavirus continuano, mentre lo stesso governatore della Lombardia è in quarantena volontaria in attesa di scoprire se positivo o meno al coronavirus. Ma come dice il sindaco Sala, #milanononsiferma. E come Milano non si ferma neppure lo chef Filippo La Mantia che ormai, seppur palermitano di nascita, si sente a tutti gli effetti cittadino milanese.
Da milanese acquisito non ha avuto difficoltà a raccontare quanto l’allarmismo degli scorsi giorni abbia condizionato la sua routine lavorativa. «Qui è cominciato tutto dopo il weekend. Fino a domenica a pranzo avevamo il ristorante strapieno, abbiamo fatto circa 230 coperti. Poi domenica sera e lunedì, come sempre, siamo chiusi. Durante chiusura ho ricevuto disdette di ogni genere, c’è stata una sorta di ecatombe, annullamenti sia da aziende che da privati».
Il socio Euro-Toques Filippo La Mantia, come la cuoca stellata Viviana Varese e i tanti ristoratori a Milano e in tutta Italia, ha avvertito quanto l’allarmismo sia riuscito a fare male al settore. «Sono rimasto scioccato non tanto dagli eventi di aziende estere, che capisco non siano nemmeno venute qui per l’annullamento delle fiere, ma per i milanesi: anche da parte loro, un sacco di disdette».
A fronte di una situazione del genere, la forza maggiore sta nel reagire fin da subito: «Già martedì ho parlato con un po’ di colleghi, abbiamo deciso di fare un gruppo, l’abbiamo chiamato “Positive Energy”, circa un’ottantina di aziende che si occupano di ristorazione. Abbiamo partecipato in molti perché tutti abbiamo avuto lo stesso problema. Uniti abbiamo deciso di stanziare una cifra che andrà ad aiutare chi affronterà situazioni più drastiche di altri».
Quello che ha fatto (e che continua a fare) Filippo La Mantina, è essere «freddo, distaccato, senza farsi prendere dal panico e cercando di guardare avanti». Il suo ristorante, Filippo La Mantia Oste e Cuoco, conta 32 dipendenti che – qualora questa situazione continuasse – sarebbero a rischio: «Non sono l’unico a Milano… È una situazione surreale».
La Mantia, come altri, ha indicato il vero problema sì nell’allarmismo, ma anche in ciò che lo ha alimentato: la comunicazione. «E dire che qui a Milano siamo così bravi a comunicare! Si comunica tutto al meglio: moda, design, architettura e da qualche anno il food. Io penso che ogni cittadino a Milano si sia reso conto che nei primi giorni di questa crisi, la comunicazione è stata davvero pesantissima: ho sentito di persone anziane stare a casa davanti alla televisione per ascoltare aggiornamenti descritti come situazioni quasi apocalittiche».